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Scrivere questo articolo non è stato per niente semplice. E’ un anno che penso a come buttar giù questo contenuto, alle parole da utilizzare, alla verità da dire. L’ho scritto e cancellato tante volte. Persino il titolo “Quello che ho odiato a Cuba” non mi pare adatto a quello che sto per raccontarti su questa isola così bella, così piena di vita e colori ma che pochi conoscono realmente.
Quello che ho odiato a Cuba: i sentimenti che ho provato
Iniziamo subito con una cruda verità: per i cubani il turista/viaggiatore è fonte di vita.
Quando andai due settimane a Cayo Largo non riuscivo a capire e a sopportare l’estrema frenesia che girava attorno agli ospiti del resort, me compresa.Il personale di servizio aveva uno sguardo che capisco solo ora, dopo aver fatto tanti studi sulla popolazione e su quello che è stata e che è costretta a vivere.
Sguardi in cerca di aiuto, sguardi di chi non ha niente e vorrebbe essere capito per ricevere un po’ di sostegno economico e morale.
Il Cubano non può fare a meno di sorridere quando incontra un turista qualsiasi perché non ha alternativa.
Sappi che non li vedrai mai disperati; mantengono sempre intatta la loro dignità ma appena gli aprirai il tuo cuore, loro contraccambieranno e ti renderanno partecipi della loro vita spiegandoti ogni cosa su Cuba e su come funzionano le cose sull’isola.
Essere un turista a Cuba è difficile ed è una delle cose che ho odiato e sai perché? Perché nessuno ti spiega che certe richieste, certi comportamenti disperati sono frutto di una povertà indescrivibile e della mancanza di libertà.
I tour operator che si occupano di ricevere i turisti nei resort non spiegano che anche i cubani che lavorano nel turismo non guadagnano a sufficienza per sfamare la propria famiglia e per potergli comprare il necessario.
Quello che un turista percepisce a Cuba, lo stesso turista che non è stato adeguatamente informato sulla reale situazione e condizione degli abitanti, è di essere costantemente e volutamente “fregato” dagli abitanti.
Ai cubani non interessa da dove vieni; se sei atterrato a Cuba significa che hai libertà, che hai una vita, una scelta, denaro a sufficienza per poterti permettere un qualcosa in più che molti di loro non avranno mai. Nel passato non gli era concesso nemmeno di poter visitare il loro stesso paese.
Non mi avevano preparata a dare una mancia per qualsiasi cosa. Non la chiedono perché amano arricchirsi ma semplicemente per vivere anzi, sopravvivere e godere della libertà che dovrebbero godere tutti; la libertà di comprarsi un paio di scarpe quando quelle che si hanno sono vecchie e rotte, di comprare una maglietta nuova perché quella che abbiamo è rovinata, la libertà di comprarsi un biglietto aereo e partire per scoprire il mondo o semplicemente andare in vacanza per rilassarsi dopo un anno di duro lavoro.
Se nascevano in un’altra città non potevano visitare la capitale. Per poterlo fare servivano permessi speciali. Non gli era permesso né uscire dall’isola né poterla scoprire. Immagina di essere costretta/o a restare nel posto in cui vivi per tutta la vita, senza poter vedere e scoprire nient’altro.
Il popolo cubano ha e vivrà sempre in gabbia, ed anche se alcune cose sono migliorate, altre sono peggiorate e altre ancora faranno fatica a cambiare.
Non si può giudicare un posto solo dalle bellezze naturalistiche che possiede. Dentro di me sorrido quando sento una persona dire: “Andrei volentieri a vivere a Cuba, essere circondato/a dal mare e le palme è il mio sogno”. E no. Cuba non è solo mare e palme. Quella è una facciata, uno dei tanti volti.
Una volta ho scambiato 4 chiacchiere con due cubani sulla condizione di vita che erano costretti a subire e rimasi sconvolta dai loro volti mentre raccontavano la loro vita, la loro esistenza, i loro problemi.
Uno di loro aveva una bimba che non vedeva da mesi dato che doveva lavorare a distanza per mantenerla. L’altro invece aveva una fidanzata che non riusciva a sentire perché internet costa troppo e il Wi-Fi sull’isola non c’è.
Internet è un lusso troppo costoso per loro e nonostante tutto sorridevano sempre. Non avevano alternativa. Si pensava che dopo la morte di Fidel Castro qualcosa sarebbe migliorato. E invece no. Sono ancora in gabbia. Gli animali sono liberi. Loro no.
Tutti quelli che arrivano a Cuba non fanno altro che parlare del fascino che hanno i palazzi e le case antiche.
Li definiscono instagrammabili solo perché estremamente colorati ma in realtà non sanno cosa significhi vivere in una di quelle case semi-distrutte.
Gutierrez cita: “Il turista ama le rovine. Sono bellissime da lontano”. In un posto bisogna viverci per rendersi conto della reale difficoltà che certi popoli sono costretti a sopportare.
Non fermarti alle apparenze. Si i colori sono bellissimi, le case viste da fuori sono affascinati, d’altra parte sono così diverse dalle nostre e tutto ci sembra WOW! Ma cosa c’è dietro?
Si sentono dire tante banalità su questo posto. Si mal percepisce il loro modo di affrontare la vita. E’ vero sorridono. Ma non hanno altro. E’ un modo per combattere la depressione e l’oppressione.
Non è un’isola paradisiaca dove si sta bene perché tutti stanno bene, dove tutti sorridono perché la vita è priva di pensieri. Nessun paese è perfetto. L’uomo non è in grado di governare l’uomo.
Hanno tanto combattuto per l’ottenimento di un’evoluzione e per il diritto all’uguaglianza, ma non hanno conquistato né una né l’altra. La tirannia non è una forma di governo ma di crudeltà. Questo è ciò che ho odiato a Cuba: la mancanza di libertà.