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Urla, spari, grida di dolore e disperazione. Confusione, occhi spalancati, bocca aperta, cuore che batte a mille. Il corpo si gira vorticosamente avanti e indietro per controllarsi le spalle facendosi venire le vertigini e inizia la disperata ricerca del famigliare o dell’amico che era con noi. Questo è ciò che accade durante gli attentati terroristici.
Oggi vorrei farti conoscere Aldo, un ragazzo che vive a Barcellona e che ha vissuto un attentato terroristico nell’agosto del 2017.
Attentati terroristi: come ci si sente e come ci si dovrebbe comportare
Chi sei, quanti anni hai e come sei finito a Barcellona?
Mi chiamo Aldo e vengo da Castellammare di Stabia in provincia di Napoli e ho 26 anni. Due anni fa ho deciso di lasciare la mia bella città per motivi di lavoro e ho deciso di trasferirmi a Barcellona dopo esserci stato in vacanza ed essermene innamorato.
Dove ti trovavi quando hai sentito dell’attentato?
In quel momento mi trovavo al lavoro a soli 5 minuti dalla Rambla de Catalunya. Sono venuto subito a conoscenza di quello che stava accadendo e ho provato subito una sensazione di panico. Ho pensato immediatamente a mia sorella maggiore. Anche lei vive qua a Barcellona con me e fortunatamente si trovava al lavoro quindi lontana dal disastro.
La cosa più difficile è stata chiamare mia madre per rassicurarla. Sai come sono le mamme. Hanno l’ansia per un raffreddore figuriamoci quando ha saputo dell’attentato terroristico. Fortunatamente stavo bene anche se spaventato e triste. Sono rimasto serrato nel ristorante dalle 18 alle 22:30 dato che tutte le strade erano state chiuse. Nessuno entrava o usciva dal Raval.
Il giorno dopo ero molto spaventato, non volevo uscire, avevo paura di andare a Plaça Catalunya per il minuto di silenzio. Un amico mi ha fatto forza e quindi siamo andati. Eravamo tantissimi, tutti spaventati, distrutti ma uniti nel gridare: “No tenim por” (Non abbiamo paura).
Riesci a descrivere il senso di incertezza che questa situazione ti ha procurato?
Non avevo mai vissuto una situazione del genere, quello che stava accadendo lo avevo visto solo sui notiziari o nei film e vedere tutto questo nella mia città, a pochi metri da me, nelle strade che frequento tutti i giorni è stato sconcertate.
Ho provato una serie di sentimenti come confusione, rabbia e tristezza. Non è possibile accettare un crimine del genere. Non riesci a ragionare con chi odia la vita e odia l’uomo, un suo simile. E’ stato il giorno più brutto della mia vita.
Hai conosciuto qualche turista o cittadino ferito?
No, non ho conosciuto nessun ferito però erano tante le persone che si riunivano nei luoghi in cui era avvenuto il tutto.
Quali sono le norme di comportamento richieste quando accade una cosa del genere?
Mantenere la calma. In quel momento ti passano tante cose per la testa, sei nel panico totale, non sai cosa fare e le chiamate di un genitore che piange per quello che sta succedendo non aiutano. Per mia fortuna ero in un luogo chiuso e al sicuro. Se fossi stato lì fuori avrei lasciato che le forze dell’ordine svolgessero il loro compito: quello di proteggere e rendere sicure le strade.
Non volevo distrarli con problemi inutili perché in quel momento avevano ben altro a cui pensare: mettere al sicuro la città, pensare ai morti e ai feriti. Quando succedono queste cose nessuno è mai realmente pronto o sufficientemente preparato. Per loro non dev’essere stato facile. La cosa migliore che si può fare è lasciargli fare il loro lavoro.
Cosa diresti a tutti quelli che smettono di viaggiare a causa del terrorismo?
Tempo fa lessi una frase che mi colpì tantissimo: “Una vita vissuta nella paura è una vita vissuta a metà”.
Detto questo, la paura va gestita. Bisogna uscire di casa senza pensare troppo e progettare un nuovo viaggio con la stessa leggerezza di prima. Smettere di farlo o lasciarsi schiacciare dal terrore significa fare il gioco dei terroristi. La vita è preziosa, c’è ne una sola e deve andare avanti anche di fronte alla violenza.
Quello che posso consigliare a chiunque mi stia leggendo in questo momento è di spostare l’attenzione e le proprie energie a costruire una sorta di barriera contro questo cancro che sta sgretolando i valori umani e quello che c’è di bello nella vita. Ho vissuto un attacco terroristico sulla mia pelle e non ho mai smesso di viaggiare. Il 7 gennaio partirò per 70 giorni alla scoperta del sud-est asiatico e poi si vedrà.
Mai smettere di viaggiare. Chi viaggia vive due volte!
Spero che questa breve intervista ti sia piaciuta per quanto l’argomento non fosse leggero. Parlare di attentati terroristici non è mai semplice. Se ti è piaciuta lascia un like alla mia pagina Facebook e seguimi su Instagram. Mi piacerebbe fare due chiacchiere con te sull’argomento.
Ringrazio Aldo per aver risposto a tutte le domande e avermi fatto capire che cosa si prova quando capitano cose di questo genere.